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Lo scomputo delle ritenute in assenza di certificazioni

ARTICOLO TRATTO DAL MENSILE “IL COLLABORATORE DI STUDIO”

Anno 3 | Numero 9 | Ottobre 2019 | pagina 23

A cura di Leonardo Reale

Ogni anno, in sede di dichiarazione dei redditi, i contribuenti il cui reddito è assoggettato a ritenuta d’acconto scomputano le ritenute subite, nel periodo d’imposta oggetto della dichiarazione, dall’imposta netta, indicandole nell’apposito rigo del modello Redditi.

A tal fine, di fondamentale importanza è il riscontro con i dati risultanti dalle Certificazio­ni Uniche ricevute dai propri committenti – sostituti di imposta – e da costoro trasmesse all’Agenzia delle Entrate. Sovente, è in questa fase che si presenta, tra gli altri, il delicato problema della completezza e correttezza delle varie certificazioni.

L’esattezza e la completezza delle Certificazioni Uniche è questione che riguarda, in particolare, i soggetti con più fatture emesse e con una pluralità di sostituti di imposta: i nostri collaboratori, assieme ai clienti, sono spesso co­stretti a ricercare presso i vari committenti le certificazioni necessarie al recupero delle ritenute subite.

Infatti, come noto, l’Agenzia delle Entrate, in assenza di relativa Certificazione Unica, disconosce in capo ai perci­pienti lo scomputo delle ritenute, ancorché effettivamente subite.

Ciò in quanto l’articolo 36-ter del D.P.R. n. 600/1973, che disciplina il controllo formale delle dichiarazioni da cui derivano le comunicazioni di irregolarità (c.d. “avvisi bonari”), prevede che gli Uffici possono, tra l’altro, «escludere in tutto o in parte lo scomputo delle ritenute d’acconto non risultanti dalle dichiarazioni dei sostituti d’imposta, dalle comunicazioni di cui all’articolo 20, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, o dalle certificazioni richieste ai contribuenti ovvero delle ritenute risultanti in misura inferiore a quella indicata nelle dichiarazioni dei contribuenti stessi[…]» .

Di qui, la necessità del recupero di tutte le certificazioni, attività spesso talmente complessa che gli intermediari, muniti di apposita delega, si attivano per la consultazione e acquisizione delle stesse nel cassetto fiscale dei propri clienti. Infatti, non è infrequente il caso in cui la Certificazione Unica, tramessa telematicamente nei termini al Fisco, non sia poi materialmente consegnata o spedita ai vari sostituiti (o percipienti).

A ciò si aggiunga che vi possono essere, poi, casi in cui la Certificazione non sia stata trasmessa per via telematica od anche, casi in cui le ritenute non siano state effettivamente versate dal committente-sostituto.

Le cose si complicano ulteriormente se le certificazioni risultano essere incomplete o errate, perché mancanti, ad esempio, dell’indicazione dei dati delle ritenute relative a una o più fatture pagate. La soluzione operativa maggior­mente adottata negli studi professionali, in tali casi, è la compilazione di appositi prospetti riportanti il dettaglio delle fatture incassate dai propri clienti, da sottoporre a puntuale verifica ad opera dei percipienti stessi che, a loro volta, li riscontrano con i committenti con i quali intrattengono rapporti.

Tutto il meccanismo sopra descritto vede coinvolti, pertanto, una pluralità di soggetti – percipienti, sostituti e com­mercialisti di entrambi – che, in tempi brevi, hanno il compito di “far quadrare i conti”, all’unico scopo di consentire ai contribuenti, il cui reddito è assoggettato a ritenuta d’acconto, il recupero della documentazione legalmente necessaria ad operare la detrazione delle ritenute subite dall’imposta dovuta.

Sul punto, tuttavia, viene in aiuto una disposizione, di natura sostanziale, contenuta nell’art. 22, comma 1 lettera c) del D.P.R. n. 917/1986, la quale consente il recupero delle ritenute subite alla sola, essenziale, condizione che esse siano state effettivamente operate e, quindi, subite dal contribuente in sede di percezione del reddito, cioè di incasso della fattura/parcella.

La conseguenza è che gli Uffici dell’Agenzia delle Entrate sarebbero tenuti a riconoscere comunque le ritenute su­bite dal percipiente, ancorché comprovate da documentazione diversa dalle Certificazioni rilasciate dal sostituto d’imposta.

Tale orientamento è stato più volte confermato dalla Giurisprudenza; in particolare, si consideri la sentenza della Corte di Cassazione n. 14138 del 07 giugno 2017, la quale ha ribadito che, pur costituendo la certificazione del sostituto prova tipica per lo scomputo della ritenuta d’acconto, essa non rappresenta, tuttavia, una prova esclusiva. Per cui, pur in assenza della Certificazione Unica, il sostituito/percipiente ha la possibilità di fornire altri mezzi pro­banti l’effettuazione della ritenuta a suo carico.

Sul tema, ugualmente importante è l’ulteriore sentenza della Corte di Cassazione n. 18910 del 17 luglio 2018, con cui la Suprema Corte ha affermato che «la norma sul controllo formale delle dichiarazioni, usualmente intesa come fonte del recupero delle ritenute non certificate, deve essere integrata secondo i principi generali della prova. In altri termini, quando stabilisce che gli uffici “possono” escludere lo scomputo delle ritenute d’acconto non risultanti da certificazioni dei sostituti d’imposta, l’articolo 36-ter del D.P.R. n. 600/1973 deve essere interpretato nel senso che gli uffici finanziari “possono” apprezzare anche prove diverse dal certificato, ad esso equipollenti».

Alla luce delle succitate pronunce della Cassazione, appare chiaro che il contribuente, che ha subito le ritenute, anche in assenza delle Certificazioni, può provare comunque con altra documentazione, equivalente, gli importi percepiti e le relative ritenute subite, scomputandole di diritto nella dichiarazione dei redditi.

A ben vedere, in tal senso si era pronunciata la stessa Agenzia delle Entrate già nel lontano 2009 con la risoluzione n. 68, peraltro richiamata dalla Suprema Corte nella citata sentenza n. 18910, che forniva chiarimenti per lo scom­puto delle ritenute subite da imprese e professionisti in assenza delle relative attestazioni rilasciate dal sostituto.

Nel suddetto documento di prassi, le Entrate, richiamando lo stesso art. 36-ter del D.P.R. n. 600/1973 laddove di­spone che, in sede di controllo formale delle dichiarazioni, gli Uffici possono escludere in tutto o in parte lo scompu­to delle ritenute d’acconto non risultanti, «tra l’altro, […] dalle certificazioni richieste ai contribuenti», specificavano che con la locuzione “certificazioni richieste ai contribuenti” ci si riferisce «non soltanto alle certificazioni rilasciate dai sostituti d’imposta ai sensi dell’art. 4, comma 6-bis e 6-ter del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322». Tale locuzione deve assumere, invece, una portata più ampia e tale da consentire, in assenza della Certificazione, l’utilizzo di docu­mentazione diversa ma equipollente, cioè idonea a comprovare l’effettivo assoggettamento del reddito a ritenuta. Ad esempio, deve consentirsi al contribuente lo scomputo della ritenuta in sede di dichiarazione dei redditi, previa esibizione della fattura e della documentazione bancaria probante la percezione dell’importo risultante dalla stessa, al netto della ritenuta.

In altri termini, secondo l’Agenzia delle Entrate, la fattura, nella quale generalmente è specificata la ritenuta da ope­rare, prodotta congiuntamente alla documentazione bancaria, assume valore probatorio equivalente a quello della certificazione rilasciata dal sostituto d’imposta: a tal fine, il contribuente deve, altresì, esibire apposita dichiarazio­ne sostitutiva dell’atto di notorietà ai sensi dell’art. 47 del D.P.R. 28 novembre 2000, n. 445 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa), in cui dichiari «sotto la propria responsabilità, che la documentazione prodotta è riferita esclusivamente alla fattura e che a fronte della stessa non vi sono stati altri pagamenti da parte del sostituto».

In ragione di quanto sopra, si ritiene utile, in conclusione, fornire due fac simili di autocertificazione, l’uno riguardan­te il caso di una fattura non certificata, l’altro utilizzabile nel caso di più fatture non certificate e incassate con vari assegni. Ovviamente i due modelli dovranno e potranno essere adattati a ciascun caso

Concreto.

DICHIARAZIONE SOSTITUTIVA DELL’ATTO DI NOTORIETÀ

(Art. 47 D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445)

Il/la sottoscritto/a……….…..………… nato/a a….…….……..…….. il………….…..……… residente a……….…………….. in via………………….. n….. – C.F. …………………..

consapevole delle sanzioni penali in caso di dichiarazioni mendaci e della conseguente decadenza dai benefici eventualmente conseguiti (ai sensi degli artt. 75 e 76 del D.P.R. n. 445/2000) sotto la propria responsabilità

DICHIARA

– che la documentazione prodotta attesta il pagamento della fattura n……. emessa in data…………….. e regolarmente contabilizzata;

– che la documentazione prodotta è riferita solo alla fattura suindicata e che a fronte della stessa non vi sono stati altri pagamenti da parte del sostituto.

Luogo e data ………………

Firma

Allegati:

– fotocopia della fattura n. …. del ….

– fotocopia della documentazione bancaria relativa all’incasso della fattura n… del….

– fotocopia del documento d’identità.

DICHIARAZIONE SOSTITUTIVA DELL’ATTO DI NOTORIETÀ

(Art. 47 D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445)

Il/la sottoscritto/a……….…..………… nato/a a….…….……..…….. il………….…..……… residente a……….…………….. in via………………….. n….. – C.F. …………………..

consapevole delle sanzioni penali in caso di dichiarazioni mendaci e della conseguente decadenza dai benefici eventualmente conseguiti (ai sensi degli artt. 75 e 76 del D.P.R. n. 445/2000) sotto la propria responsabilità

DICHIARA

che ciascun assegno indicato nella colonna A si riferisce al pagamento delle fatture regolarmente con­tabilizzate e indicate nella colonna B stesso rigo come indicato nella tabella seguente:

A
Assegno/ i n.
B
fattura/e n.

che la documentazione prodotta e indicata nella colonna A è riferita solo alle fatture specificate nella colonna B e che a fronte delle stesse non vi sono stati altri pagamenti da parte del sostituto.

Luogo e data ………………

Firma

Allegati:

– fotocopie delle fatture indicate nella colonna B;

– fotocopia degli assegni indicati nella colonna A;

– fotocopia del documento d’identità.